Negli scorsi giorni si è letta la presa di posizione del Comitato dei residenti nel quartiere di Santa Maria, con cui non è stato affatto difficile entrare in sintonia: le problematiche lamentate dai residenti di quel quartiere, sono in gran parte anche quelle del resto della città e della stessa zona della stazione. L’occupazione indebita di suolo pubblico, la presenza di mercatini abusivi sui marciapiedi e sui gradini delle attività commerciali, la sosta veicolare selvaggia che non risparmia neppure le strisce pedonali e gli stalli per gli invalidi e con i residenti privati della possibilità di parcheggio nonostante il pagamento del permesso annuale, si aggiungono a uno spaccio di stupefacenti diventato talmente pervasivo e incontrollato che per i pusher neanche c’è più la necessità della circospezione. Ma certo la zona che insiste intorno alla stazione ferroviaria Pisa Centrale presenta anche suoi problemi specifici, e non può sfuggire che vi si stia consumando la ‘tempesta perfetta’, risultato di più fattori convergenti, intorno a nessuno dei quali sembra esserci davvero la volontà di intervenire.
Più volte si sono segnalati gli effetti del problema delle alte rendite catastali degli immobili della zona (in larga parte A2 classe 4) che proprio non stanno in equilibrio con la zonizzazione “C” di importanti strade del quartiere contenuta nei protocolli di affitto concordato. Ciò significa l’applicazione degli indici più bassi previsti nell’intero Comune per calcolare il quantum dell’affitto concordato, mentre ogni altro quartiere della città — tranne la zona agricola di Coltano e quella artigianale di Ospedaletto — si trova zonizzato come “A” o “B”. La conseguenza sono affitti assai poco remunerativi a fronte di un’IMU elevata, per quanto ridotta dalle agevolazioni del concordato. Ne consegue lo sdoganamento del mercato libero della casa, e non ci vuole molto a inferire che la vicinanza del quartiere al centro storico e ai maggiori servizi della città, a partire da quelli di trasporto, la rende appetibile per l’insediarsi di attività ricettivo-turistiche, estremamente remunerative, che di fatto sostituiscono la residenza stanziale. Neanche gli studenti possono più competere sul mercato dell’affitto: i gestori delle attività extra-alberghiere offrono cifre estremamente significative — per non dire esose — per accaparrarsi gli immobili; figurarsi se vi possono competere le famiglie. E così i turisti mordi e fuggi, oltretutto senza grandi denari in tasca da spendere, vanno sostituendo i residenti. Tra le conseguenze certamente anche quella per cui le tasse e le imposte necessarie per mantenere i servizi essenziali alla città gravano su un numero continuamente in diminuzione di cittadini — vedi aumento del 6% della TARI. Se a una simile situazione si aggiunge poi che nel Comune di Pisa non si ottempera a quanto ingiunge il nuovo Testo Unico in materia di turismo della Regione Toscana — legge 61 del 31 dicembre 2024 — e si mascherano come locazioni turistiche le attività extra-alberghiere come B&B e affittacamere, la frittata è servita. Queste due tipologie di attività differiscono sia per la destinazione d’uso urbanistica degli immobili in cui vengono esercitate, sia per la natura dei proventi: l’extra-alberghiero esercitato in immobili a uso ricettivo-alberghiero, mentre le locazioni turistiche in immobili destinati alla civile abitazione; i proventi dell’extra-alberghiero sono di natura imprenditoriale, quelli della locazione turistica costituiscono rendite fondiarie. Resta inteso che alle due diverse tipologie di attività corrispondono oneri comunali e condominiali diversi, nonché tanti altri aspetti che rendono significativamente più vantaggiosa la destinazione d’uso civile che la ricettivo-alberghiera. Non riconoscere ogni attività per quello che effettivamente è determina un danno enorme alla città.
Per quanto riguarda il commercio in zona stazione, la situazione é persino peggiore. Centri di raccolta e stoccaggio merci si spacciano per negozi al dettaglio; minimarket che vendono indebitamente merci sporzionate acquistate in stock presso altri supermercati, magari in fondi commerciali di proprietà del Comune e al momento ancora occupati da attività che scaricano rifiuti direttamente in strada.. e si potrebbe continuare a lungo.
Ebbene, possibile che la più ‘solida’ associazione dei commercianti pisani riguardo a questi argomenti non abbia niente da dire? Non é forse capace di registrare come la città si stia sistematicamente spopolando di cittadini residenti rimpiazzati ogni giorno di più da turisti mordi e fuggi? Possibile che non avverta che una simile dinamica sta contestualmente determinando anche uno rapido scivolamento del commercio verso la mediocrità e la vendita di paccottiglia con la definitiva cancellazione di ogni esercizio commerciale di qualità? Non si ritiene di averne già persi anche troppi di esercizi commerciali di pregio? Al commercio come servizio per i cittadini basato su negozi di prossimità proprio non si pensa più neanche per sbaglio? Non dovrebbe anzitutto tenere in conto anche degli acquirenti abituali, dei clienti fidelizzati, chi sostiene e difende gli interessi autentici dei commercianti? A Pisa si sta troppo semplicisticamente “gettando il bambino con l’acqua sporca”. Sempre più numerosi sono i cittadini che abbandonano la città per risiedere nei Comuni limitrofi, e senza residenti non può profilarsi alcuna rosea prospettiva, tantomeno per il commercio. Fast food, aperitivi, negozi di souvenir ovunque con bassissimo margine di ricavo sulle merci vendute: è questo il futuro che si pensa per il commercio a Pisa? Possibile che di fronte a un simile dinamica il timore più profondo debba riguardare l’introduzione di regole e il loro rispetto? Perché, piuttosto, non si avverte l’urgenza di un piano del commercio che disciplini l’ubicazione delle attività e la proposta merceologica, un piano che l’amministrazione comunale potrebbe ben redigere — com’è stato fatto altrove — utilizzando la competenza conferitale di esercitare la pianificazione urbanistica?
Suona davvero strano che di fronte a qualsiasi tentativo di sovraintendere e normare attività e servizi in questa città ci siano associazioni e sindacati di categoria che insorgono non tanto per il contenuto della regola, ma proprio perché refrattarie a ogni regola.
In tutta franchezza, é giunto il momento che l’amministrazione comunale inizi davvero a camminare con le proprie gambe, senza farsi impedire nel perseguimento dell’interesse comune da chi esprime interessi di conventicole che nulla hanno a che fare con l’interesse più ampio della città e dei suoi cittadini, e tantomeno dei suoi commercianti.
ALBERTO BOZZI
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